Norcia è una cittadina dal fascino speciale. Chi come noi ci è nato o ci vive lo sa bene. Se ci sei già stato non potrai non tornarci, se non l’hai mai vista non saprai resistere a lungo al suo richiamo.
Bella e seducente. Adagiata come una regina su un altopiano carico di storia e di tradizioni. Distesa ai piedi dei Monti Sibillini, che la custodiscono gelosamente. Racchiusa dentro le sue solide mura, che le conferiscono la caratteristica forma a cuore. Il cuore dell’Umbria, cuore d’Italia.
Comune di Norcia
Provincia: Perugia
Regione: Umbria
Abitanti: 4.900 (Nursini)
Frazioni: Agriano, Aliena, Ancarano, Biselli, Campi, Capo del Colle, Casali di Serravalle, Castelluccio, Cortigno, Fontevena, Forca Canapine, Forsivo, Frascaro, Grotti, Legogne, Nottoria, Ocricchio, Ospedaletto, Paganelli, Pescia, Piè del Colle, Piè la Rocca, Piediripa, Popoli, San Marco, Sanpellegrino, Sant’Andrea, Sant’Angelo, Savelli, Serravalle, Valcaldara, Villa di Serravalle
Superficie: 275 km2
Altitudine: 604 m s.l.m.
“Vetusta Nursia”.
La storia della città di Norcia, dalle origini fino ad oggi
Vetusta Nursia. Così Papa Gregorio Magno, biografo di San Benedetto, definì Norcia e quell’appellativo ancora troneggia sopra l’arco di Porta Romana, una delle sette vie d’accesso alla città. E vetusta, cioè “antica”, Norcia lo è per davvero, perché secondo alcune ricostruzioni nacque molto prima di Roma. Ma andiamo con ordine, altrimenti il racconto si fa complicato.

La scritta Vetusta Nursia sull’arco di Porta Romana, una delle sette porte di accesso a Norcia
Norcia prima di Roma: le origini del nome e la sua fondazione
Quando è stata fondata Norcia?
Non è facile rispondere a questa domanda, perché le radici della nostra città si perdono davvero nella notte dei tempi. Partiamo da una certezza: Norcia era una città sabina. In particolare rappresentava l’estremo confine orientale del territorio abitato dai sabini, una popolazione pre-romana dell’Italia centrale. Quindi è molto probabile che, in forma embrionale, esistesse prima della fondazione di Roma (753 a.C.). D’altronde, nella zona della piana di Santa Scolastica, si sono trovate tracce di insediamenti umani risalenti al neolitico, seppur non stabili. Per fissare una data di fondazione, però, bisogna appellarsi ai piccoli indizi, magari anche alle leggende. E in fondo alle leggende, si sa, c’è sempre un po’ di verità.
Alcune fonti legano la nascita di Norcia alla figura di re Enotrio d’Arcadia*, che si ritiene fondatore di diverse città del centro Italia, sia in Etruria che in Sabina (tra cui Rieti). C’è chi dice che fu proprio lui a darle vita e chi invece indica come fondatore suo figlio Norsino o suo nipote Urso. Se così fosse, potremmo affermare che Norcia è nata tra il 1500 a.C. ed il 1400 a.C., ben sette secoli prima di Roma.
Da dove viene il nome Norcia?
Il riferimento a re Norsino o a re Urso spiegherebbe anche la derivazione del nome Norcia. Sull’origine del nome, però, esiste un’altra versione che, secondo gli storici, è più credibile. Norcia si chiamerebbe così in onore della dea Norzia (o Nortia), divinità etrusca della fortuna e del destino. Il tempio a lei dedicato si sarebbe trovato in corrispondenza di quella che oggi è la parte bassa della città.
Ma torniamo alla Norcia sabina, che è quella di cui abbiamo le evidenze storiche, a partire dall’VIII secolo. Com’era fatta? Sicuramente molto diversa da oggi. Piccola, piccolissima: una manciata di case abitate da pastori e agricoltori che erano anche guerrieri molto forti e valorosi. Probabilmente era limitata alla parte alta della città attuale, quella chiamata “capo la terra”. Inoltre, non c’erano le mura di cinta, perché i sabini non usavano questo tipo di fortificazione nei loro villaggi.
Norcia e Roma: un legame lungo secoli
Norcia e Roma sono legate da un doppio filo rosso. Le loro storie si intrecciano in continuazione, vedendole a volte rivali, più spesso alleate. La prima traccia di questo collegamento risale addirittura a Virgilio, poeta latino per eccellenza, che nella sua Eneide nomina la “fredda Norcia”. Erano nursini, infatti, alcuni dei guerrieri del centro Italia che si schierarono contro Enea e le sue truppe, sbarcate sulle coste laziali dopo la fuga da Troia in fiamme. In quell’occasione, quindi, Norcia si oppose all’eroe da cui poi sarebbe nata la dinastia dei fondatori di Roma: Romolo e Remo.
In un’altra occasione i nursini si trovarono contrapposti militarmente ai romani: il ratto delle Sabine. L’episodio lo conoscono tutti: la Roma delle origini era popolata quasi esclusivamente da uomini. Un giorno Romolo, per assicurarsi la presenza femminile, e quindi la continuazione delle generazioni, decise di attrarre in città, con l’inganno (l’organizzazione di feste sontuose) le donne sabine per poi rapirle. A quel punto Tito Tazio, re dei sabini, imbracciò le armi contro Roma per lavare il torto subito e tra i suoi combattenti c’erano molti nursini. La battaglia, però, non si consumò, grazie all’intervento pacificatore proprio delle donne sabine.

Vespasia Polla, madre dell’imperatore romano Vespasiano, nata a Norcia, è stata una delle nursine più famose della storia
Dal primo re di Roma, passiamo al secondo. Numa Pompilio era di origini nursine. Il padre, infatti, era Pomponio da Norcia. Infine, una nursina, tale Caia Cecilia, era presente anche nella famiglia di Tarquinio Prisco, il quinto monarca. E visto che siamo in tema di nursini illustri in epoca romana, ne aggiungiamo due di altissimo livello: Quinto Sertorio e Vespasia Polla. Il primo, a cui oggi è intitolata la via principale di Norcia (Corso Sertorio), era un glorioso generale romano, nato nella nostra città nel 126 a.C. La seconda era nientemeno che la madre dell’imperatore Vespasiano.
Riprendiamo, però, il filo cronologico, per non perderci nei meandri della storia. Eravamo rimasti al ratto delle sabine, con Norcia ancora fieramente nemica di Roma. Nel quarto secolo a.C., però, le cose cominciarono a cambiare. Roma era sempre più grande e potente e le sue mire espansionistiche investirono anche Norcia. La conquista avvenne nel 290 a.C. L’orgoglio dei nursini, però, si fece sentire anche sotto la dominazione romana e ben presto (268 a.C.) ottennero la cittadinanza romana, ovvero il massimo onore concesso ai popoli conquistati, e vennero aggregati alla tribù quirina.
Norcia, nell’epoca romana, conobbe un lungo periodo di splendore, diventando prima prefettura e poi municipio (II sec a.C.). Addirittura tutta la zona circostante prese il nome di provincia Nursia Valeria. I nursini furono in prima fila in tutti i passaggi chiave della storia di Roma, nella buona e nella cattiva sorte. Ad esempio, erano al fianco di Scipione l’Africano, nella battaglia che portò alla distruzione di Cartagine; erano avversari dei Gracchi, al tempo del loro dominio politico; si schierarono con Marco Antonio, perdendo la sfida contro Ottaviano (da cui furono a lungo perseguitati per vendetta). Nonostante le alterne fortune, però, Norcia conservò sempre uno spirito libero e un notevole margine di autonomia.
La storia di Norcia sotto il dominio di Roma è anche costellata di episodi particolari che ne segnarono lo sviluppo. Sotto il regno di Vespasiano, ad esempio, Norcia fu la meta di una massiccia deportazione di schiavi ebrei, voluta proprio dall’imperatore dopo la distruzione di Gerusalemme. Un avvenimento che può apparire secondario ma che invece ha un’importanza fondamentale nella storia della città. Secondo molti, infatti, proprio la nutrita comunità ebraica che si creò a Norcia in quegli anni sta alla base dello sviluppo dell’arte della norcineria. Agli ebrei deportati, infatti, fu affidato il compito di allevare i maiali. Il motivo? Per divieto religioso non potevano cibarsene, quindi erano allevatori affidabili che mai avrebbero rubato il bestiame. Questa circostanza, unita al fatto che Norcia era vicina alla Salaria, cioè alla via del sale, fece sì che qui si sperimentassero nuove e sofisticate forme di conservazione della carne. Questa, però, è un’altra storia.
Norcia nel medioevo
Ma torniamo a noi. Tanto fu grande Norcia nel periodo romano, quanto dura per la città fu la fase che seguì la caduta dell’Impero d’Occidente (476 d.C.). Eppure, proprio in questi anni complicati, la città visse l’evento che la rese famosa nel mondo: nel 480 d.C nacquero qui San Benedetto e Santa Scolastica, i santi gemelli. Norcia divenne così la patria di colui che riformò radicalmente il cristianesimo e che inventò il monachesimo occidentale. Una pietra miliare della cristianità, il patrono d’Europa. Ma San Benedetto merita un discorso a parte, se volete approfondire la sua storia andate qui.

A lungo Norcia lottò per il primato sui Monti Sibillini, un’area naturale dal fascino assoluto
Noi continuiamo a concentrarci su Norcia. Durante l’invasione barbarica della penisola italiana, la città subì diverse scorrerie e saccheggi, fino a capitolare sotto i colpi dei Longobardi, dai quali venne conquistata nel 572 d.C. Finì così a far parte del Ducato di Spoleto. Le scorribande, però, continuarono per moltissimo tempo (Goti, Franchi Saraceni). Tra il VII e l’VIII secolo la cittadina si svuotò quasi completamente e per ripopolarla si scelse di insediare nell’altopiano una colonia di Franchi (815 d.C.).
Intorno all’anno 1000 inizio una lenta ma progressiva rinascita. Norcia divenne una città guelfa ed entrò a far parte dello stato pontificio. Ma lo spirito indipendente ebbe la meglio e, nella seconda metà del 1100, si costituì come libero comune. La nuova forza politica andò di pari passo con il fermento sociale e culturale. Così in quegli anni, a Norcia e nella vicina Preci, si affermò una valida scuola di medici chirurghi, coagulatasi intorno all’Abbazia Benedettina di Sant’Eutizio.
Per la verità furono anche decenni di forti mire espansionistiche e feroci contrasti con i comuni vicini: Visso, Amatrice, Arquata del Tronto. Particolarmente forte fu proprio la rivalità con Visso: le due città si contesero a lungo il primato sui Monti Sibillini. Non a caso fu in questo periodo che Norcia decise di dotarsi di solide mura di cinta, per difendersi da nemici sempre più numerosi. Il braccio di ferro più duro, però, fu quello con la potente Spoleto, sede dei legati pontifici che non vedevano di buon occhio l’indipendenza nursina.
A stroncare senza appello le ambizioni di grandezza della città umbra, però, fu il terremoto del 1328, l’ennesimo della sua storia. La catastrofe fu l’inizio di una nuova parabola discendente che culminò nell’inserimento di Norcia nella Legislazione di Perugia, sotto più stretto controllo papale (1484 d.C.).
Dal Rinascimento al Risorgimento, le mille vite di Norcia

La Castellina, edificata nel XVI secolo su progetto del Vignola, è uno dei monumenti caratteristici di Norcia, che disegnano l’inconfondibile profilo di Piazza San Benedetto
Norcia ha sempre avuto un rapporto conflittuale con il papato, un continuo “odi et amo” che ne ha influenzato notevolmente la storia, soprattutto tra l’inizio del 1500 e la seconda metà del 1800. La voglia di indipendenza dei nursini destò sempre grandi sospetti in Vaticano ma, nello stesso tempo, la città si arricchì e crebbe notevolmente, soprattutto dal punto di vista artistico, proprio nel periodo di più forte sudditanza al pontefice. Periodo che iniziò ufficialmente nel 1506, quando il Papa decise di mettere fine all’autonomia politica di Norcia e nominò un suo commissario come capo della città, al posto del podestà. E proprio in quegli anni venne edificato uno dei monumenti simbolo del nostro borgo, ovvero la Castellina, opera del Vignola. La massiccia fortezza divenne sede dell’emissario apostolico. D’altra parte, l’importanza di Norcia all’interno dello stato pontificio. È testimoniata dal fatto che, nel 1569, venne scelta come sede di un ampia prefettura, la cosiddetta Prefettura della Montagna, e da li dominò molti dei comuni montuosi circostanti.
Nel 1600 Norcia conobbe un lungo periodo di stagnazione socio politica che però coincise con una fase di forte fermento artistico ed edilizio. Le opere pubbliche si moltiplicarono, nacquero scuole, ospedali, conventi, eccetera. Un patrimonio destinato, però, ad avere vita breve, a causa dei terremoti. La storia della nostra città è tutta costellata da eventi sismici molto gravi, ma il 1700 fu un secolo particolarmente sfortunato. Nel 1703 e nel 1730 due sismi catastrofici rasero al suolo Norcia, cancellando quasi tutto quello che era stato costruito nei secoli precedenti.
Anche se protetta dalle sue montagne, la città non fu isolata dai fermenti politici che attraversarono l’Europa e l’Italia. Nel 1798-1799 respinse con forza un assalto giacobino, mentre nel 1809 venne inglobata nell’Impero francese, per poi tornare sotto il dominio papale nel 1820. Quarant’anni dopo, però, nel 1860, la sottomissione allo stato pontificio finì definitivamente e Norcia fu annessa al neonato Regno d’Italia. Sono anni difficili per la città, piagata da un nuovo violento terremoto, avvenuto nel 1859.
Norcia nel 1900: morte e resurrezione della “fenice”

Il terremoto del 1979 segnò la trasformazione di Norcia, da città agricola ad ambita meta turistica
Il nostro racconto, la nostra lunga cavalcata nella storia di Norcia sta per concludersi. Mancano gli ultimi cento anni, l’ultimo secolo, il ‘900. Un secolo in cui Norcia ha conosciuto un a fragorosa caduta ed una straordinaria rinascita. Il declino iniziato dopo il sisma del 1859 proseguì inesorabile fino alla fine della seconda guerra mondiale. La nostra città conobbe un progressivo spopolamento: tanti nursini emigrarono negli Stato Uniti, moltissimi scelsero di trasferirsi a Roma. La maggior parte di loro fecero fortuna come norcini o come macellai.
Agricoltura e allevamento furono praticamente abbandonati e l’economia locale subì una drastica battuta di arresto. Il secondo dopoguerra portò qualche piccolo miglioramento: il treno, l’energia elettrica, sparute tracce di modernità. La vera rinascita, però, prese il via da una tragedia: l’ennesimo terremoto. Era il 1979, pochissime case restarono in piedi. La ricostruzione che seguì rappresentò per Norcia un’occasione di sviluppo che la città seppe cogliere al meglio. Il nostro borgo rinacque dalle sue ceneri e da paese a vocazione agricola si trasformò in ricercata meta turistica.
Il resto è cronaca dei nostri giorni. Ancora un altro terremoto devastante, nel 2016. Ancora la voglia di non mollare, di ricominciare. La storia continua!
Norcia e il terremoto, una storia lunga e tormentata
La storia di Norcia è strettamente legata a quella dei terremoti, purtroppo numerosi, che l’hanno colpita nel corso dei secoli. I diversi eventi sismici, alcuni davvero molto potenti, hanno contribuito in modo deciso a disegnare l’attuale profilo del borgo. Le tappe principali della vita della città coincidono con il verificarsi di un sisma, nel bene e nel male.
D’altra parte, l’Umbria è considerata una zona sismica per ben tre quarti del suo territorio. La Legge n.64 del 2 febbraio 1974 e l’atto del Consiglio Regionale umbro n.238 del 27 maggio 1981 hanno definito le aree a maggior rischio sismico della Regione, da cui è stata esclusa solo l’area pianeggiante a sud-ovest, ricadente lungo l’asse di Orvieto, al confine con alto Lazio e bassa Toscana. Nella storia millenaria dell’Umbria si contano 2.403 terremoti tra il 374 a.C e il 2018, alcuni dei quali sono rimasti scolpiti nella memoria collettiva del nostro territorio.
Dei tanti sismi che hanno colpito Norcia, quattro soprattutto meritano di essere ricordati e raccontati: 1328, 1703, 1979 e 2016.
Il terremoto del 1328, la scossa “circa auroram”
Quello verificatori alle 6,15 del 4 dicembre 1328, di magnitudo 6.4, con epicentro a Norcia, è ricordato come uno dei terremoti più devastanti della storia della Valnerina. Le testimonianze dirette dell’episodio arrivano da due personaggi molto noti nella zona, il notaio Bonaventura di Benvenuto e il membro della comunità ebraica Moise Ben Daniel. Lo scenario dipinto da entrambi è quello di una Norcia devastata (frazioni comprese), con grandi porzioni di città completamente distrutte. Le stime sul numero di vittime variano tra le 1000 e le 5000, probabilmente in funzione della diversa porzione di territorio considerata. I danni furono ingenti sia per la scarsa resistenza degli edifici alle sollecitazioni sismiche, sia per l’elevata densità abitativa della Valnerina, che alla fine del XIV secolo era di 50 abitanti per chilometro quadrato.
Il terremoto del 1703, un anno doloroso
La lunga serie di terremoti del 1703 rappresenta l’evento sismico più importante in Umbria nei tempi moderni. Le scosse si susseguirono dall’ottobre del 1702 al giugno del 1703, con due picchi il 14 ed il 25 gennaio. Proprio per l’eccezionalità del fenomeno, la documentazione arrivata fino ai giorni nostri è molto ampia, ma probabilmente le parole che descrivono la situazione nella maniera migliore sono quelle del vescovo di Spoleto: “l’Onnipotente Iddio, scordatosi affatto della sua infinita misericordia, permise che dei terribili terremoti dovessero seppellire tutti gli abitanti della zona”. Le vittime furono più di 10.000 e la situazione, per chi rimase in vita, non fu certo delle migliori. Il commissario apostolico De Carolis descrisse in maniera puntuale e dettagliata le pessime condizioni in cui versava la Valnerina dopo le scosse, fornendo un quadro terribile sulle sofferenze della gente nella “desolata montagna”. La scarsità di beni di prima necessità e di abitazioni sicure continuò per molti anni a seguire, e solo la determinazione ed il coraggio degli abitanti riuscì a non far fuggire l’intera popolazione sopravvissuta. L’aiuto dello Stato Pontificio, unitamente alla determinazione dei sopravvissuti, permise una lenta ricostruzione durante l’intero secolo successivo.
Il terremoto del 1979 e la premonizione degli elefanti
Preceduto da alcuni deboli tremiti, alle 23:35 del 19 settembre 1979 un terremoto di magnitudo 5.9 colpì l’intero territorio umbro con epicentro proprio a Norcia. Divenne famoso l’episodio degli elefanti del circo Orfei a Perugia, i quali già un’ora prima della scossa iniziarono ad essere irrequieti e successivamente, quando avvertirono la scossa, ruppero i picchetti delle catene e fuggirono per le vie della città. Le vittime a Norcia furono 5, vennero distrutti o demoliti più di 50 edifici e danneggiati oltre 700 tra abitazioni e fabbricati di vario genere. Nell’intera Valnerina, 5.000 edifici subirono danni di diversa entità, con percentuali fino all’88% in comuni come Cascia e Cerreto di Spoleto. Le principali attività economiche della nostra terra, soprattutto quelle legate al bestiame, entrarono rapidamente in crisi, sia per la perdita dei capi che per l’impraticabilità delle stalle. Costretti ad abitare per anni nelle baracche, con pochi fondi a disposizione per la ricostruzione, gli abitanti del nursino iniziarono una lenta migrazione lontano dalla propria terra, tendenza invertita solo alla fine degli anni ‘90.

La Chiesa di San Salvatore a Campi, crollata il 26 ottobre 2016
I terremoti del centro Italia del 2016, un’interminabile scia sismica
Arriviamo quindi all’evento più vicino ai giorni nostri, i cui effetti sono ancora ben visibili sul nostro territorio. Tutto ha inizio nella notte tra il 23 e il 24 agosto 2016. Sono da poco passate le 3:30 di notte, quando un boato spaventoso squarcia l’aria lungo tutta la piana di Santa Scolastica. La terra trema e ruggisce per secondi che sembrano interminabili. Tutta la popolazione esce terrorizzata dalle case, ed è lì che, circa un’ora dopo, la sorprende una seconda scossa. Amatrice è distrutta, così come molti paesi tra Lazio, Umbria e Marche. Nella zona di Norcia, la frazione più colpita, praticamente rasa al suolo, è San Pellegrino, ma gli edifici danneggiati, in tutto il comune, sono centinaia. Eppure è solo l’inizio dell’incubo.
Il 26 ottobre altre due scosso fortissime fanno tornare la paura. Di sera, al freddo, siamo di nuovo tutti in strada. Nessuno però può immaginare quello che sta per arrivare. Il 30 ottobre, alle 7:41, la storia di Norcia cambia per sempre. La scossa più forte, la “botta grossa”, un terremoto da 6.5 che ci fa urlare di terrore, ci butta a terra, ci impedisce di comprendere cosa sta davvero accadendo. Il cielo sopra la città si riempie di polvere: crollano i tetti, le chiese, le case. Crolla anche la Basilica di San Benedetto. Siamo tutti vivi, ma siamo disperati, sembra tutto inesorabilmente finito.
Oggi sappiamo che non era finito nulla. Per fortuna siamo ancora qui e lottiamo per ripartire, sostenuti dalla nostra testardaggine e dall’affetto di tutto l’Italia.