Norcia è famosa in tutto il mondo anche e soprattutto per i suoi prodotti tipici. Alcuni sono protagonisti assoluti della cucina umbra e italiana. Il Tartufo Nero, pregiato e profumato, la Lenticchia di Castelluccio, piccola e saporita, il Prosciutto crudo IGP, gustoso e artigianale. E poi tanti salumi e formaggi dal gusto incredibile.

Pasta alla norcina, la ricetta originale, tra storia e curiosità

La salsiccia e la ricotta fresca non sono solamente due prodotti fondamentali della gastronomia nursina, ma anche i due ingredienti principali della Pasta alla Norcina. Un piatto simbolo dei sapori e del sapere culinario della comunità di Norcia. Da impreziosire con una spolverata di tartufo nero pregiato.

L’autenticità della Pasta alla norcina, simbolo della tradizione contadina

L’arte della lavorazione del maiale è da sempre al centro della tradizione gastronomica di Norcia.  Il mestiere del “norcino”, ovvero di colui che è specializzato nelle tecniche di lavorazione e stagionatura delle carni, nasce infatti nel lontano XII secolo, quasi mille anni fa. Ma nel nostro territorio si praticava la conservazione del suino già dai tempi dei Sabini.

Per capire il perché di questa straordinaria tradizione basta vedere la morfologia del territorio nursino. Le montagne che cingono Norcia, la rigidità del clima invernale, la difficoltà dell’agricoltura e la lontananza dalle principali vie di comunicazione principali che collegano l’Umbria con le altre regioni italiane, hanno da sempre spinto le popolazioni locali a praticare l’allevamento e, soprattutto, a specializzarsi nella conservazione delle carni.

Una delle protagoniste di questa tradizione è sicuramente l’unica e inimitabile salsiccia di maiale, che dà nome e sostanza alla pasta alla norcina, il primo piatto più famoso della generosa cucina nursina. Le nostre salsicce si distinguono soprattutto per la qualità delle materie prima, la scelta delle parti migliori del maiale, che generalmente sono quelle più magre che derivano dalla spalla e dal coscio.

La tradizione delle salsicce di Norcia

L’altro ingrediente essenziale di questo gustoso primo piatto è la ricotta fresca di pecora, che dona alla pasta gusto e cremosità. Con la modernizzazione della ricetta, viene spesso sostituita dalla panna, capace in effetti di dare al piatto la stessa consistenza ed equilibrio tra sapori. Tuttavia, è importante chiarire che la ricetta tradizionale consiglia appunto l’uso della ricotta fresca di pecora accompagnato dal parmigiano.

Per i più golosi, poi, è possible impreziosire il tutto con tocco di profondità ed eleganza: una spolverata di tartufo nero pregiato. Le pepite d’oro nero sono un’altra espressione autentica della nostra terra, infatti il tartufo nero pregiato cresce così solamente nei boschi dei Monti Sibillini.  È il prodotto che più di tutti ha reso famosa la nostra cucina dentro e fuori dall’Italia. Anche per questo, ogni anno gli dedichiamo l’imperdibile Mostra mercato “Nero Norcia”.

Tartufo nero pregiato, l’oro di Norcia

Come preparare l’autentica Pasta alla norcina

Di seguito gli ingredienti e i consigli per la preparazione dell’autentica e tradizionale Pasta alla norcina.

Il tipo di pasta può variare in base ai gusti e allo stile di chi cucina, generalmente si usa una pasta corta come le mezze maniche o le penne, ma non è da escludere anche l’uso di pasta lunga, come gli spaghetti per esempio.

Ingredienti per 4 persone

  • 350 grammi di pasta
  • 300 grammi di salsiccia
  • qb. di tartufo
  • 200 gr di Ricotta fresca (o in alternativa 200 ml di panna liquida)
  • ½ cipolla
  • qb sale
  • qb pepe
  • una tazzina di vino bianco
  • qb olio di oliva
  • qb. aglio
  • parmigiano

La preparazione

In una casseruola, mettere a scaldare un po’ di olio, con aglio e cipolla. Poi si può partire. Cominciamo dalla salsiccia, che va sbriciolata e rosolata nella casseruola con l’olio extra vergine, l’aglio e la cipolla, a fuoco vivace, fino a farla dorare. Una volta rosolata la salsiccia, bisogna aggiungere la ricotta fresca di pecora (o in alternativa la panna) insieme a dell’acqua di cottura e, pochi secondi dopo, è consigliabile aggiungerci una manciata di parmigiano.

Quando la pasta (messa intanto a cuocere) è pronta, va scolata e aggiunta alla casseruola contenente il sugo della salsiccia. Va fatta mantecare bene, prima di riversarci sopra l’eventuale aggiunta di tartufo. Piccolo consiglio da “nursini”, il tartufo non mettetelo a credo, ma cuocetelo a fiamma lenta insieme ad un po’ di olio. Così sprigionerà il suo meglio, sia in termini di odore che di sapore.

Ovviamente per una pasta alla norcina in grado di competere con quella dei cuochi del nostro borgo è determinante la qualità della materia prima, ma anche l’esperienza nei vari passaggi della preparazione. Tuttavia, con queste piccole accortezze che vi abbiamo illustrato e seguendo questi facili consigli, sarete in grado di cucinare una Pasta alla norcina all’altezza della sua grande tradizione.

L’elenco dei migliori ristoranti dove mangiare a Norcia

Nursia, la birra artigianale dei monaci benedettini di Norcia

I monaci benedettini hanno avuto storicamente un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’arte birraria in Europa. Ancora oggi la produzione di birra è il motore economico di alcune abbazie e monasteri. Tra queste c’è la congregazione dei monaci di Norcia, che nel 2012 ha dato vita alla marca di birra Nursia, oggi famosa in tutto il mondo.

I monaci benedettini e la birra

Nel Medioevo i monaci benedettini furono tra i primi “professionisti” nel campo della produzione di birra. I monaci erano tra i pochi a saper leggere e scrivere; annotavano e studiavano l’arte della birra in un’epoca in cui produrre la birra era una comune attività per tutte le famiglie che vivevano in un contesto rurale. A differenza dei semplici contadini, inoltre, i monaci benedettini potevano dedicarsi quotidianamente alla produzione e avevano una gran quantità e qualità di riserve di cereali a disposizione.

Il patrono dei birrai è Sant Arnould, un benedettino fiammingo che fu vescovo e passò gli ultimi anni della sua vita in un’abbazia di Oudenburg, dove morì il 15 agosto 1087. Sant Arnould si conquistò il consenso e la gratitudine dei birrai quando, in tempi di epidemia, incoraggiava i fedeli a bere birra per resistere alle malattie.

Secondo alcune fondate ricostruzioni l’uso del luppolo nacque proprio all’interno dei monasteri. I benedettini erano monaci coltivatori per eccellenza ed erano pressoché gli unici a poter praticare le coltura a rotazione triennale che richiede la coltivazione del luppolo.  Non deve sorprendere quindi che siano stati proprio alcuni monaci benedettini a introdurre l’uso del luppolo dando così origine attorno al X secolo alla birra.

I monasteri possedevano il tempo, i capitali, le risorse umane e materiali per investire nell’arte birraia e si dedicarono incessantemente alla ricerca di nuove e migliori forme di produrla, fino a trasformare i monaci benedettini in veri e propri mastri birrai che diedero un impulso fondamentale alla raffinazione della cotta a livello europeo.

Una filosofia di vita che arriva fino ad oggi

Fu così che nel Medioevo la vita monastica dei monaci benedettini incontrò la tradizione birraria. Secondo la famosa massima di San Benedetto “ora et labora”, i monaci devono infatti vivere del lavoro delle proprie mani. Mentre si andava sviluppando un quadro di conoscenze sulle diverse fasi del processo di produzione della birra, quest’attività diventava quindi anche la fonte di sostentamento principale dell’economia monastica. Ancora oggi esistono abbazie che si sostengono grazie al “business del luppolo”, che però nasconde une filosofia di vita molto più profonda e spirituale.

La produzione di birra diventa un’accattivante forma di evangelizzazione per mostrare al mondo la bellezza e la bontà della vita monastica che si materializza in un prodotto così amato e popolare come la birra. Un modo quindi di avvicinare le persone, e i giovani in particolare, alla vita religiosa attraverso la birra, che fa così da ponte tra il monastero e il mondo.

Scopri tutti i prodotti tipici di Norcia

I monaci birrai di Norcia

Nel 2012 i monaci benedettini del Monastero di San Benedetto a Norcia hanno dato vita a Nursia, un’impresa che oggi, sette anni dopo, produce circa milleduecento litri di birra al mese, esportando anche negli Stati Uniti e in altri paesi. In linea con la grande tradizione benedettina, l’idea di dedicarsi alla produzione di birra nasce dall’esigenza dei monaci di autosostenersi e di trovare un modello di vita sostenibile in cui la contemplazione e la preghiera si accompagnino all’umile e quotidiano lavoro.

L’abbazia era disabitata dal 1810, chiusa a seguito di alcune direttive napoleoniche, è stata riaperta solamente nel 2000 per volere di Padre Cassiano, un monaco originario dell’Indiana. Attualmente, soprattutto grazie all’attività di produzione birraia, la congregazione di Norcia è giovane, vivace e internazionale, con monaci provenienti dall’America Latina, dagli Stati Uniti e dall’Asia.

Tutte le entrate derivanti dalla birra servono a sostenere le attività di preghiera e la vita evangelica in generale, che significa anche dare appoggio e aiuto ai pellegrini e ai poveri della zona. Dopo il terribile terremoto del 2016, inoltre, i ricavati sono destinati alla costruzione di un nuovo monastero fuori dalle mura, complementare a quello già esistente e anti-sismico, che possa essere la casa della comunità monastica di Norcia nei secoli a venire.

La birra Nursia è un grande orgoglio per la nostra comunità e un ulteriore tassello alla grande tradizione culinaria e gastronomica della città di Norcia e dell’Umbria in generale. La birra è pensata per accompagnare i piatti e i prodotti più tipici della nostra cucina, carni ricche e saporite, formaggi freschi e stagionati. Le due versioni della Nursia, la bionda più leggera e quella extra, più forte, con un sapore dolce e secco, potete trovarle in tutti i pub, ristoranti, negozi di alimentari della zona nursina, sono oramai parte integrante della nostra offerta gastronomica.

Il sito ufficiale delle Birra Nursia

I coglioni di mulo, un salume irriverente

I coglioni di mulo, prodotto commercializzato tipicamente nella città di Norcia, hanno le loro origini in un prodotto tipico della zona di Campotosto, in Abruzzo, da cui però si discostano molto. I coglioni di mulo sono un insaccato che, per il suo nome, non passa inosservato, soprattutto agli occhi dei turisti.

Il nome e gli ingredienti, i coglioni di mulo tra mito e realtà

La domanda principale che viene alla mente la prima volta in cui si conoscono i coglioni di mulo è semplice: tra il nome e la realtà esiste un collegamento effettivo? Con quali ingredienti viene preparato questo succulento insaccato?

Il nome, in realtà, trae in inganno. Si tratta infatti di un insaccato prodotto utilizzando un budello di suino ripieno di carne magra di maiale macinata fine e con un lungo pezzo di lardo centrale (lardello). Successivamente, il salume viene legato a una zeppa di faggio con un grosso spago che lo divide in quattro spicchi e lasciato appeso in stagionatura in ambienti umidi per circa quattro mesi.

La storia del prodotto

 A cosa si deve, dunque, questo nome così particolare, considerato che la carne utilizzata è di maiale? L’etimologia dei coglioni di mulo non è una trovata turistica, ma un preciso rimando alla storia del luogo. Il mulo, infatti, per secoli ha aiutato le popolazioni della zona nel lavoro pesanti e nei trasporti su vie impervie. La selezione della parte del corpo la si deve alla particolare forma ovale dell’insaccato, dovuta al confezionamento delle carni in un budello cucito ancora a mano e legato a coppie di due in modo da poter essere messi a stagionare a cavallo della zeppa di faggio.

Salume coglioni di muloDalla tradizione un sapore inconfondibile

La tradizione dei coglioni di mulo è dunque molto antica, legata all’abitudine contadina di ammazzare il maiale per il fabbisogno familiare durante il freddo e lungo periodo invernale delle zone montane. Attualmente la sua produzione è molto limitata e questo lo caratterizza come prodotto di nicchia reperibile quasi esclusivamente nella zona di produzione. La particolarità di questo salume è senza dubbio il lardello, che conferisce ai Coglioni di mulo una morbidezza e sapore inconfondibili.

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Alcuni consigli per gustare i coglioni di mulo

I coglioni di mulo, con la loro fetta perfettamente riconoscibile e caratteristica, sono ottimi come salame per ogni occasione, soprattutto negli antipasti o negli aperitivi. Possono essere consumati al naturale, accompagnati da una buona fetta di pane o di crescia, oppure lasciarli a bagno nel vino rosso per un paio di giorni per ammorbidirne la consistenza. E’ d’obbligo il taglio a coltello, preferibilmente in fette un po’ spesse per assaporarne a pieno il gusto avvolgente.

Salsicce di Norcia alla brace

Le salsicce di Norcia, semplici e buone

Le salsicce di Norcia sono un elemento enogastronomico di eccellenza del nostro territorio. Meno famose rispetto al tartufo nero, al prosciutto e alle lenticchie di Castelluccio, le salsicce sono in realtà uno dei prodotti nursini più esportati nel mondo. Scopriamo insieme i segreti di questa meraviglia della salumeria nostrana. 

In una cucina come quella umbra, basata essenzialmente sulla carne, le salsicce non possono che essere grandi protagoniste. La zona di Norcia è la più rinomata della regione per la loro produzione. La sapiente lavorazione, gli ingredienti di prima qualità, le tante ricette ne fanno un prodotto di eccellenza che nasce dall’amore per la terra e i suoi sapori.

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Gli ingredienti delle salsicce di Norcia

Come ogni prodotto gastronomico che si rispetti, la qualità dipende anzitutto dalle materie prime. Gli ingredienti delle salsicce di Norcia vengono selezionati utilizzando le parti migliori del maiale dopo aver separato prosciutti, capocolli e lombetti. Sono di norma carni sceltissime, generalmente magre, derivate dalla spalla e dal coscio.

Classiche, fresche e secche: i diversi tipi di salsicce

Le salsicce di Norcia possono essere lavorate in diversi modi. La versione classica è realizzata con le parti di carne sia magre che grasse, insaporita con sale, aglio, pepe e insaccata a mano in budello naturale, a forma ovale, di circa 5 cm e 30 grammi di peso. Possono essere consumate sia fresche che secche, dopo un breve periodo di stagionatura, generalmente tra i 30 e i 40 giorni. 

Una gustosa variante sono i mazzafegati (o salsicce di fegato), a base di fegato di maiale, realizzate sia nella versione salata che in quella dolce. Il fegato viene tagliato in piccoli pezzi e mescolato con pasta di salsiccia, sale, pepe, uvetta e pinoli, prima di essere insaccato in budelli di forme piuttosto grosse. Per la versione dolce, il sale è sostituito dallo zucchero e vi è l’aggiunta di buccia d’arancia, che conferisce un sapore particolarmente delicato. Come resistere?

Salsicce di Norcia alla brace3 ricette con le salsicce di Norcia da provare

Quante volte abbiamo sentito parlare di ricette con le salsicce di Norcia? Le possibilità sono davvero numerose, solo a nominarle si avverte un certo languorino. La più caratteristica preparazione a base di salsicce fresche vede l’abbinamento con acini di uva fresca, ma sono utilizzate anche per la preparazione di condimenti per primi piatti e come protagoniste di appetitosi secondi. Le salsicce secche, invece, sono particolarmente apprezzate per la preparazione di antipasti, oppure sono consumate senza ulteriori preparazioni insieme alla torta di Pasqua o al pane casereccio. Insomma le possibilità non mancano, ma noi, tra le tante alternative, abbiamo selezionato per voi 3 ricette da non perdere durante una visita a Norcia.

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Pasta alla Norcina

Il primo piatto consigliato non può che essere la celeberrima pasta alla Norcina. Primo piatto tradizionale della cucina umbra, prende il nome proprio dalla nostra città. Questa pasta ha un sapore molto deciso, tutti gli ingredienti che la compongono sono sapidi, profumati e si sposano perfettamente fra loro, dando al piatto un gusto davvero unico. Dalla pasta calamarata al tartufo nero, dalla ricotta di pecora fresca alla salsiccia fresca, i protagonisti di questo piatto sono tutti prodotti tipici della tradizione nursina.

Salsicce e lenticchie di Castelluccio IGP

Salsicce di Norcia e lenticchie di Castelluccio IGP sono tra i prodotti umbri più famosi nel mondo. Proprio per questo, non può mancare la menzione di una ricetta che li vede unirsi in un sapore inconfondibile. Lenticchie e salsiccia è un piatto della tradizione contadina, rustico e sostanzioso, che non teme le mode perché il suo gusto ricco e sincero è sempre attuale. Uno di quei piatti dalle lunghe cotture, dove la scarpetta è d’obbligo, di quelli da assaporare con un buon bicchiere di vino rosso della casa in una trattoria tipica. Quando, poi, la tradizione incontra due prodotti d’eccellenza come la Salsiccia di Norcia e la lenticchia di Castelluccio IGP, beh.. fate voi!

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Crostoni con salsiccia e stracchino

Crostoni salsiccia e stracchino, ovvero l’elogio dei piaceri semplici. Ideali per l’aperitivo, facili da preparare, i crostoni sono una ricetta sfiziosa adatta per tutte le occasioni. La semplicità esalta il sapore deciso della salsiccia che, mischiandosi allo stracchino e sciogliendosi in forno, crea una crosticina dorata con un interno morbido e succulento. Possono essere serviti anche come antipasto, ma attenzione a non esagerare con le quantità, perché è facile farsi conquistare.. e poi sarà difficile proseguire!

Lenticchia di Castelluccio di Norcia

Le lenticchie di Castelluccio di Norcia

Lenticchia di CastelluccioLe lenticchie di Castelluccio di Norcia sono un prodotto unico, protetto dalla certificazione IGP. Nascono solo nel cuore del Parco dei Monti Sibillini, sugli altipiani di Castelluccio,  che tra maggio e agosto si colorano con una spettacolare fioritura. Da secoli, la loro coltivazione scandisce la vita e i ritmi della popolazione locale: un rito che si tramanda tra generazioni. Facili da cucinare e squisite da mangiare, sono un patrimonio enogastronomico per tutta l’Umbria.

Le lenticchie di Castelluccio, un prodotto IGP da proteggere

Chi non le ha mai assaggiate non sa cosa si perde. Le lenticchie di Castelluccio hanno un gusto e una consistenza unici, che le rendono speciali e famose in tutto il mondo. Al punto tale da valergli il prestigioso riconoscimento IGP, ovvero indicazione geografica protetta (qui il disciplinare completo). Per essere “autentiche”, infatti, devono essere coltivate in una zona ben precisa, grande solo 20 km quadrati, ai piedi del Monte Vettore. E’ la zona degli altipiani carsici di Castelluccio di Norcia, divisi tra Umbria e Marche, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini: Pian Grande (Umbria, provincia di Perugia), Pian Piccolo (Umbria, provincia di Perugia) e Pian Perduto (Marche, provincia di Macerata). Il legame tra questo prestigioso legume e il territorio in cui nasce è quindi totale, è ciò che lo rende speciale. Un clima particolarmente rigido, 1500 metri di altitudine, campi innevati per molti giorno l’anno. Tutto questo non può che forgiare un prodotto davvero inimitabile, disponibile in quantità limitate. Diffidate delle imitazioni!

Lo spettacolo della fioritura delle lenticchie

Tracce della coltivazione delle lenticchie nella zona di Castelluccio risalgono addirittura al 3000 a.C., custodite in tombe neolitiche. La testimonianza di una tradizione dalle radici più che solide, che ancora oggi permea di sé tutta la vita del piccolo borgo umbro. Scandisce i tempi, l’alternarsi delle stagioni e quindi degli impegni agricoli. La raccolta delle lenticchie (detta anche carpitura), che cade nei mesi estivi, è da sempre un momento di forte aggregazione. Una volta si faceva a mano e richiamava uomini e donne da tutti i paesi limitrofi. Era accompagnata da momenti di festa e di svago, come un vero e proprio evento.

D’altra parte, la lenticchia ha contribuito anche a plasmare la fama mondiale di questo angolo di paradiso. Lo ha fatto (e lo fa), ad esempio, attraverso lo spettacolo della fioritura. Anche se, a voler essere precisi… No, aspettate, questa è un’altra storia. La potete leggere qui.

Come riconoscere le lenticchie di Castelluccio: caratteristiche e benefici

Le lenticchie di Castelluccio di Norcia possono essere distinte facilmente dalle altre qualità, perché presentano caratteristiche uniche, che sono poi ciò che le rende così prelibate. Alla vista appaiono piuttosto piccole e piatte, dalla forma rotonda e regolare. Il colore è variegato, spazia tra le tonalità del verde, del giallo e del marrone. Il vero punto forte, però, è la buccia, sottile ma resistente, non si stacca durante la cottura e quindi fa mantenere al chicco tutta la sua compattezza. Dal punto di vista delle proprietà nutritive, invece, bisogna sottolinearne l’alto valore proteico. Non a caso, nell’antichità, le lenticchie erano considerate la carne dei poveri.

Come si cucinano le lenticchie di Castelluccio

Cucinare le lenticchie di Castelluccio di Norcia è davvero semplice. Vista la loro tenerezza e le dimensioni ridotte, non devono essere lasciate ore in ammollo. Si può passare direttamente dalla confezione alla pentola. E anche i tempi di cottura sono molto ridotti, rispetto a legumi simili: bastano 20-25 minuti di bollitura. Il sapore, poi, è davvero speciale, e le rende ottime da consumare sia da sole che accompagnate con della carne (cotechino, zampone, salsicce, eccetera).

Prosciutto di Norcia

Il prosciutto di Norcia IGP

Il prosciutto crudo di Norcia è uno degli elementi caratteristici del nostro territorio, forse uno dei più significativi simboli della cultura enogastronomica di questa terra, insieme al tartufo nero pregiato e alle salsicce. Un tesoro che anche la legge ha deciso di proteggere, assegnandogli il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta). Quindi può essere prodotto solo qui, nell’alta Valnerina. Ma come nasce? Quali sono le sue caratteristiche? Quanti secoli è lunga la sua storia? Scopriamolo insieme.

 

Il prosciutto di Norcia IGP. Tradizione, passione, sapore

La nascita del prosciutto crudo di Norcia è un alchimia perfetta, che mescola con sapienza saperi tradizionali, passione artigiana e materie prime di altissima qualità. Non serve altro, solo tanto amore per un mestiere, una terra, un’eccellenza. Le lunghe file di prosciutti appesi nelle botteghe e nelle norcinerie sono ormai la cartolina di presentazione della nostra città. Dietro quell’immagine, però, ci sono mesi di duro e paziente lavoro, durante i quali nulla è lasciato al caso. Un gioiello protetto dalla certificazione IGP e da un apposito consorzio.

La selezione dei maiali migliori

Tutto parte dall’allevamento. Non possono esserci prosciutti di Norcia buoni senza, alle spalle, della carne altrettanto selezionata. Per dar vita al vero prosciutto di Norcia IGP vengono scelti i maiali più pesanti (ma non troppo!). Solo così, infatti, si ottiene quella giusta percentuale di grasso che è uno degli elementi fondamentali. Diffidate di prosciutti interi che pesano meno di 8,5 kg. Difficilmente sono davvero dei Norcia IGP.

Lavorazione artigianale e lunga stagionatura, così nascono i prosciutti di Norcia

Un’altra delle caratteristiche che rendono riconoscibile a prima vista il prosciutto di Norcia è la forma “a pera”, frutto sia della scelta del maiale che della fase iniziale di taglio della carne. Il segreto del sapore inconfondibile, però, sta soprattutto nella lavorazione lunga e paziente, che si compone di due fasi principali: la salatura e la stagionatura. Di salature, in realtà, ne vengono realizzate due. La prima dura circa una settimana, e la conservazione avviene ad una temperatura compresa tra 1 e 4 gradi e ad una umidità tra il 70% e il 90%. La seconda, invece, è più lunga, almeno due settimane, alle stesse condizioni. Nell’intervallo la coscia di maiale viene sottoposta ad un vero e proprio massaggio. Quando si dice un prosciutto coccolato!

La  doppia salatura si conclude con il lavaggio e l’asciugatura. A questo punto di può passare alla sugnatura, che consiste nel ricoprire la parte scoperta della carne con della sugna finemente tritata, cioè un composto fatto di grasso di maiale, pepe, sale, farina e aromi naturali. Serve per proteggere il prosciutto dagli agenti esterni, conservarlo morbido e garantirne una stagionatura uniforme in tutte le sue parti. Stagionatura che non può durare meno di 12 mesi.

Sapore, odore e valori nutrizionali

Per assaporare fino in fondo la bontà del prosciutto di Norcia IGP affidatevi in pieno ai vostri sensi, soprattutto gusto ed olfatto. Il profumo del prosciutto nursino ha delle inattese e inconfondibili sfumature speziate. In bocca, invece, risulta sapido ma non salato. L’eccesso di sale, infatti, è indice di cattiva qualità, spesso un espediente per nascondere lo scarso valore della carne utilizzata. Non lasciatevi ingannare.

Dal punto di vista nutrizionale, un prosciutto di ottima qualità come quello di Norcia, è un alimento adatto a tutte le età, dai bambini agli anziani. Contiene prevalentemente proteine e lipidi, ma di tipo “buono”, che servono all’organismo e sono facilmente digeribili.

 

Visita Norcia con i nostri consigli

 

La storia del prosciutto di Norcia e della norcineria, tra radici ebraiche e chirurgia

Una delle domande più frequenti che ci sentiamo rivolgere dagli amici che vengono a visitare Norcia è questa: quando è  nata storicamente l’arte della norcineria? Rispondere non è così semplice, perchè sulle vere radici di questo mestiere, che ha segnato un intero territorio, ci sono ancora delle incertezze. Un paio di ipotesi, però sembrano le più accreditate e, se fuse insieme, possono costituire una valida risposta.

La prima ricostruzione parte da molto lontano, dal periodo dell’Impero Romano ed è legata alla storia degli ebrei in Italia. Procediamo con ordine. Norcia ha sempre avuto con Roma un rapporto di “odi et amo”, un forte legame, a tratti conflittuale. Basti pensare che era di origini nursine, da parte di madre, addirittura l’imperatore Vespasiano. E fu proprio lui, a seguito della distruzione di Gerusalemme, a far insediare a Norcia una folta comunità ebraica. Una sorta di esilio, per allontanarli dal centro dell’Impero. E a loro scelse di affidare l’allevamento dei maiali, già molto diffuso nella zona, per conto dei ricchi possidenti romani. Vespasiano, infatti, sapeva bene che gli ebrei non mangiano carne di suino e questo li rendeva dei servi molto fedeli in questo tipo di attività. L’intraprendenza del popolo ebraico, unita alla vicinanza della via Salaria, direttrice lungo cui si svolgeva il commercio del sale, hanno fatto il resto. Hanno consentito, cioè, di sviluppare un’intera economia basata su cibi conservati grazie al sale.

La secondo ricostruzione, invece, fa riferimento alla scuola chirurgica di Preci, altro comune della Valnerina, che crebbe notevolmente nel XIII secolo. Secondo gli storici, la lavorazione del maiale divenne una sorta di palestra per i futuri chirurghi. E in una strana commistione tra medicina e macelleria, crebbe la diffusione di tecniche sempre più sofisticate per la lavorazione della carne.

 

Approfondisci la storia di Norcia

 

Il prosciutto di Norcia e il legame con il territorio: la certificazione IGP

Nel 1997 al prosciutto crudo di Norcia è stata riconosciuta la certificazione IGP, cioè l’Indicazione Geografica Protetta. Questo significa che possono essere qualificati così, ed avere il relativo marchio, solo i prosciutti prodotti seguendo determinate regole e in una zona molto ben definita, corrispondente ai comuni di Norcia, Cascia, Preci, Poggiodomo, Monteleone di Spoleto (ad un altitudine superiore ai 500 metri s.l.m.).

Un riconoscimento molto importante perché sancisce per legge qualcosa che noi nursini sapevamo già: il prosciutto di Norcia, così come lo conosciamo, non esisterebbe se non fosse nato proprio qui. E’ figlio di questa terra, delle sue tradizioni, della sua economia e soprattutto del suo clima. Diffidate delle imitazioni!

Quanto costa il prosciutto di Norcia?

Come per tutte le specialità alimentari, il prezzo può subire delle variazioni. Di certo, però, trattandosi di un prodotto altamente qualificato e certificato, difficilmente scenderà sotto certe cifre, per fortuna. Se così fosse, attenti all’inganno. Diciamo che il prezzo per un prosciutto intero di circa 10 kg oscilla intorno ai 200 euro. Le vendite online, ovviamente, possono portare un po’ di risparmio. In questo caso, però, è bene affidarsi a norcinerie di fiducia, perchè acquistare un prosciutto senza poterlo vedere dal vivo è molto rischioso.

 

Carta di identità

Nome: Prosciutto crudo di Norcia IGP

Provenienza: Norcia, Cascia, Preci, Poggiodomo, Monteleone di Spoleto

Aspetto: tipica forma “a pera”

Stagionatura: minimo 12 mesi

Odore: leggermente speziato

Sapore: sapido

Prezzo: per un prosciutto intero da 10 kg siamo intorno ai 200 euro

Tartufo nero di Norcia

L’oro di Norcia, il Tartufo Nero pregiato

Uno dei prodotti tipici per cui Norcia è famosa nel mondo è il tartufo nero pregiato, che nel gergo comune è detto proprio tartufo nero di Norcia. I tartufi sono vere e proprie pepite di oro nero che si nascondono nei boschi dei Monti Sibillini, capaci di sprigionare un odore e un sapore unici e inconfondibili. Dalla terra alla tavola il passo è breve, grazie alla sapienza dei cercatori e dei loro cani, così il tartufo diventa protagonista di alcune delle più gustose ricette nursine e dell’annuale Mostra Mercato “Nero Norcia”.

Il tartufo nero pregiato di Norcia: distinzioni, proprietà e caratteristiche

Tuber melanosporum Vittadini, questo è il nome scientifico del tartufo nero pregiato di Norcia, chiamato così in onore di Carlo Vittadini, il botanico e biologo italiano che per primo lo classificò, nella seconda metà del 1800. Il termine “tuber”, però, non deve trarre in inganno, infatti il tartufo non è un tubero bensì un fungo. Nello specifico un fungo simbiotico, ciò abituato a vivere in stretta connessione con gli organismi viventi che lo circondano. Ma procediamo con ordine e per conoscere bene il “Nero Norcia” cominciamo a distinguerlo da altri “parenti e affini”. La prima distinzione da fare è quella con il tartufo bianco di Alba, con cui è in lotta per il primato del gusto e della raffinatezza. Qui la differenziazione è facile, basta affidarsi al colore.

Orientarsi tra i tartufi neri: estivo, invernale, pregiato, scorzone, uncinato

Il discorso si fa più complesso quando ci si muove dentro la “famiglia” dei tartufi neri di cui fanno parte:

  • il Tartufo Nero Pregiato di Norcia: il migliore, molto pregiato e ricercato, rilascia un aroma intenso ed avvolgente, a volte con riflessi fruttati. Il colore è nero fuori e nero-vinaccia con venature biancastre all’interno, la forma è tondeggiante, le dimensioni possono variare da un minimo di 20-25 grammi fino a sfiorare il chilo. Il Nero Norcia si raccoglie da inizio dicembre fino a metà marzo.
  • il Tartufo Nero Invernale (o Tartufo Uncinato): molto simile per habitat e “stile di vita” a quello pregiato ma meno ricercato, si riconosce perché l’interno è scuro con venature bianche. Il periodo di raccolta va da ottobre a dicembre.
  • il Tartufo Nero Estivo (o Tartufo Scorzone): esteticamente è molto simile al Nero Norcia e può avere un odore molto intenso, è possibile distinguerli tagliandoli, perché nell’estivo la parte interne tende a virare verso il giallo invece che scurirsi. La raccolta è possibile da maggio ad ottobre.

Vieni a Norcia in occasione di Nero Norcia – Mostra Mercato Nazionale del tartufo nero pregiato

Come e dove si trova il tartufo nero pregiato

La vita e le caratteristiche del tartufo nero pregiato sono strettamente collegate all’habitat che lo ospita. Questo prezioso fungo cresce al meglio nell’ambiente dolce e riservato di Norcia e dei suoi monti, ai piedi di querce, noccioli, carpini neri, lecci e ulivi, ad un altitudine compresa tra i 400 e gli 800 metri. Inoltre può essere anche coltivato in tartufaia. Tendenzialmente, nelle aree dove si sviluppa questo pregiato fungo, l’erba è più rada, proprio a causa della sua presenza e delle spore che rilascia.

 Per quanto riguarda la ricerca, una volta veniva effettuata anche con i maiali oggi invece è appannaggio solo dei cani. Il motivo è essenzialmente pratico. I maiali hanno un fiuto migliore nella ricerca dei tartufi ma sono molto meno gestibili per dimensioni e soprattutto voracità. E’ più facile che la piccola e preziosa pepita se la mangino piuttosto che la cedano al padrone. Inoltre, la loro stazza e la loro foga li porta ad essere molto distruttivi, danneggiando il terreno, con il rischio che questo non produca più tartufi. Il cane invece può essere addestrati meglio.

Quanto costa il tartufo nero di Norcia

Veniamo ad una delle domande più diffuse. Quanto costa il tartufo nero pregiato di Norcia? Sicuramente parliamo di un prezzo inferiore rispetto al tartufo bianco di Alba, però parliamo sempre di cifre importanti. D’altronde è il più ricercato dei neri.

La quotazione ovviamente dipende da una molteplicità di fattori, tra cui la “stagione” che incide sia sulla qualità che sulla quantità del raccolto. Basti pensare che esiste una vera e propria “borsa” del tartufo che registra tutte le oscillazioni di costo.

Un’indicazione di massima, però, può essere fornita:il prezzo del tartufo nero pregiato oscilla dagli 800 euro ai 1800 euro al kg. Tanto per fare un paragone: il nero invernale uncinato viaggia sotto i 500 euro al kg.

Carta di identità

Nome: Nero di Norcia – Tartufo Nero Pregiato di Norcia

Provenienza: Norcia

Colore esterno: nero

Colore interno: nero-violaceo con venature biancastre

Forma: rotonda

Dimensioni: da un minimo di 10 gr ad un massimo di 1 kg

Prezzo: tra gli 800 e i 1800 euro per kg